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Draft NBA: le 5 peggiori prime scelte di tutti i tempi

7 GIUGNO
SPORT USA

In vista del Draft NBA 2022, Sport Today ricorda quelle che sono state le 5 peggiori prime scelte assolute della storia. Un quintetto da brivido al quale aggiungiamo un “sesto uomo” che non poteva assolutamente non essere menzionato data l'occasione…

SPORT TODAY

Il Draft NBA è uno dei momenti decisivi per le 30 franchigie che compongono la National Basketball Association. Azzeccare o sbagliare la propria scelta circa i talenti più promettenti di una classe Draft, specie quando si ha la prima scelta assoluta, può risultare decisivo per le sorti future della squadra. Difficilmente si sbaglia in maniera clamorosa, ma negli ultimi 30-40 anni è comunque successo. Vi proponiamo i 5 casi più eclatanti, in negativo.

Anthony Bennett - 2013 - Cleveland Cavaliers

151 partite totali in quattro anni - tra 2013 e 2017 – con le maglie di Cavs, T-Wolves, Raptors e Nets. La miseria di 4.4 punti di media a partita in carriera, tirando con percentuali quasi irrisorie sia da 2 che da 3 punti. Basti dire che nelle prime sette apparizioni ufficiali in NBA farà complessivamente 1/21 dal campo. Sì, avete capito bene: neanche il 5% al tiro! La prima doppia cifra in carriera arriverà solamente dopo 33 partite. Occorrono pochi dati a supporto della tesi, quasi inconfutabile, che Anthony Bennett è la peggiore prima scelta della storia della NBA. Per lo meno di quella moderna, che possiamo considerare iniziata dal 1984, anno in cui il compianto David Stern prese il controllo delle operazioni della lega, diventandone Commissioner per i 30 anni seguenti. Nessuno è riuscito a far pentire maggiormente una franchigia - i Cleveland Cavaliers nella fattispecie – quanto sia riuscito a fare Anthony Bennett, che a 29 anni sta ancora tentando di rilanciare la sua carriera, con risultati abbastanza disastrosi. Dove? In posti esotici come Israele e Taiwan… Insomma Tony.  

Kwame Brown - 2001 - Washington Wizards

Fate conto di avere 19 anni e di decidere - a liceo appena concluso - di rendervi eleggibili al Draft NBA skippando il college, per poi essere scelti con la prima scelta assoluta da un tale di nome Michael Jordan, co-proprietario dei Washington Wizards oltre che giocatore della franchigia stessa. Questa è la pressione alla quale si è dovuto sottoporre Kwame Brown, first pick al Draft del 2001, al suo ingresso in NBA. Centrone dal fisico granitico e nulla più, si riteneva che potesse sviluppare un potenziale che evidentemente il solo MJ vide in lui. Nel suo anno da rookie, Brown ebbe la media di 4,5 punti e 3,5 rimbalzi a partita, mentre in carriera le medie si alzeranno solo leggermente: 6,6 punti e 5,5 rimbalzi. Un po’ pochino per un pivot scelto prima di Pau Gasol e Tyson Chandler, tanto per citarne due pari ruolo che hanno avuto un impatto leggermente più incisivo di Kwame... Ma anche Tony Parker, Zach Randolph, Joe Johnson e il futuro compagno di squadra in maglia Wizards Gilbert Arenas, col quale ebbe un rapporto tutt’altro che idilliaco. Dopo il quadriennio da dimenticare nella capitale, la chance ai Lakers: in giallo-viola Brown riuscì a smentire alcuni critici performando molto bene nei playoff del 2006, chiusi con oltre 12 punti e 9 rimbalzi di media a gara. Un fuoco di paglia o poco più. Il centrone nato a Charlestone, in Carolina del Sud, dopo il triennio a Los Angeles peregrinerà senza meta né particolare considerazione tra Memphis, Detroit, Charlotte, San Francisco, Milwaukee e Philadelphia.  

Michael Olowokandi - 1998 - Los Angeles Clippers

È il Draft del 1998 e i Los Angeles Clippers, i primi a scegliere, puntano con convinzione su un centro nigeriano decisamente stazzato e con apparenti discreti margini di miglioramento: il suo nome è Michael Olowokandi. Vista l’origine nigeriana e il ruolo in comune, qualcuno lo accosta addirittura ad Hakeem Olajuwon, The Dream, uno dei centri più forti di tutti i tempi e in grado di vincere due titoli con gli Houston Rockets a metà degli anni ’90, interrompendo l’egemonia Bulls nelle stagioni di stop di Michael Jordan. Accostamento - quello tra Olajuwon e Olowokandi - decisamente precipitoso e inappropriato, dato che il secondo riuscirà al massimo a produrre una stagione (2002/03) da 12.3 punti e 9.1 rimbalzi di media a gara. Sarà la sua ultima in maglia Clippers. Poi le esperienze a Minnesota e Boston, tra il 2003 e il 2007, vedranno il pivot nigeriano eclissarsi lentamente, fino a sparire completamente dai radar del basket mondiale. Tuttavia, i tifosi della Virtus Bologna se lo ricorderanno meglio di altri appassionati di basket, in quanto Olowokandi trascorse i primi mesi della stagione 98/99 sotto le Due Torri bolognesi, con la stagione da rookie NBA che sarebbe cominciata solo a metà febbraio causa lockout. Già nel campionato italiano, dunque prima ancora di iniziare a giocare coi Los Angeles Clippers, il gigante di Lagos venne bollato come un clamoroso bust.  

Greg Oden - 2007 - Portland Trail Blazers

Stavolta non si può parlare di un errore di valutazione madornale, sebbene quell'anno il Draft offrisse - tra gli altri - Kevin Durant, Al Horford, Mike Conley, Joachim Noah e Marc Gasol. Col senno di poi i Portland Trail Blazers avrebbero potuto fare una scelta migliore 15 anni fa, ma va detto che Greg Oden - sulla carta - aveva tutte le carte in regola per diventare un centro dominante e un fattore almeno dal punto di vista difensivo: il fatto è che Oden è stato sfortunatissimo sin dall’esordio in NBA contro i Lakers, il 28 ottobre 2008, quando lasciò la partita dopo soli 13 minuti a causa di un infortunio al piede. Il primo di una lunga serie: piedi, ma soprattutto ginocchia. In 5 stagioni a Portland, Greg riuscirà a disputare solamente 82 partite, vale a dire l'equivalente di una sola stagione NBA completa. Rimarchevole solo l'annata 2008/09, chiusa con 61 partite disputate. Chiuderà la sua brevissima carriera NBA con 23 presenze in maglia Miami Heat, nel 2013/14. Oden resta uno dei più grandi what if NBA degli ultimi 20 anni, ma suo malgrado verrà ricordato soprattutto come una delle prime scelte peggiori della storia.  

Pervis Ellison - 1989 - Sacramento Kings

L’ennesimo big man a figurare in questa lista, forse il meno noto rispetto agli altri anche per il fatto che la carriera NBA di Ellison si sia conclusa oltre 20 anni fa, nel 2000.

Forse il motivo per cui lo si conosce è riconducibile a Jay-Z, che lo cita nel freestyle Pump it up, dicendo in proposito: “Sei inutile ragazzo, non sei un vero atleta”. Forse ci è andato giù fin troppo pesante il marito di Beyoncé, perché anche nel caso di Pervis Ellison gli infortuni hanno influito in maniera rilevante e forse decisiva. Ellison vinse infatti il premio di Most Improved Player nel 1992, per cui non parliamo certo di un giocatore scarso, anzi. La tecnica era decisamente buona, ma gli è sempre stato intimato di essere soft, di non avere carattere e di non giocare in maniera fisica. Il soprannome affibiatogli, Never Nervous, andava a sottolineare proprio questa sua tendenza remissiva. Va però ricordato che la prima scelta al Draft del 1989 sia stata fortemente condizionata dagli infortuni, motivo per il quale probabilmente Pervis non è mai riuscito ad esprimere con la cattiveria agonistica che ci si aspettava da lui, campione NCAA nel 1986 con Louisville peraltro. Le cose migliori le farà vedere in maglia Washington Bullets, per il resto anonimato tra Sacramento, Boston e Seattle.  

Sam Bowie - 1984 - Portland Trail Blazers

Bonus track, menzione speciale, presidente onorario di questa lista… Mettetela giù come volete, ma sebbene sia stata una seconda scelta assoluta al Draft - quello del 1984 - Sam Bowie è la quintessenza della scelta toppata nel peggiore dei modi.

Anche nel suo caso, come valso per Kwame Brown, c’è di mezzo Michael Jordan, 3° scelta dei Chicago Bulls. Alla numero uno, il già citato Hakeem Olajuwon. Una scelta di cui Houston non potrà mai dire di essersi pentita, sebbene MJ - scelto con la numero 3 - sia riconosciuto universalmente come l’atleta più iconico della storia del basket. Il dramma vero è che la seconda scelta sia stata il grande e irreprensibile Sam Bowie: un centro vecchia maniera, injury prone, capace di giocare alcune stagioni di buon livello con i Blazers ma nulla più. Di certo, non meritevole di finire sopra His Airness e altri due membri del Dream Team USA del 1992, oltre che della Hall of Fame, come Charles Barkley e John Stockton. 

NBA, Draft Day, Anthony Bennett, David Stern

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