_atrk_opts = { atrk_acct:'ryZiw1Fx9f207i', domain:'sport-today.it',dynamic: true};(function() { var as = document.createElement('script'); as.type = 'text/javascript'; as.async = true; as.src = 'https://certify-js.alexametrics.com/atrk.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0];s.parentNode.insertBefore(as, s); })(); (function(w,d,s,l,i){w[l]=w[l]||[];w[l].push({'gtm.start': new Date().getTime(),event:'gtm.js'});var f=d.getElementsByTagName(s)[0], j=d.createElement(s),dl=l!='dataLayer'?'&l='+l:'';j.async=true;j.src= 'https://www.googletagmanager.com/gtm.js?id='+i+dl;f.parentNode.insertBefore(j,f); })(window,document,'script','dataLayer','GTM-T4S39TC'); grecaptcha.ready(function() { grecaptcha.execute('6LeaCm0lAAAAAJk-8YrUcXgyA81YOGqyzEgCTWkN', {action: 'pageview'}).then(function(token) { var score = token.score; var dataLayer = window.dataLayer || []; dataLayer.push({ 'reCaptchaScore': score }); }); });
Dalla seconda categoria allo scudetto. Già, tutto vero. Già, nulla di regalato. Maurizio Sarri può sorridere, eccome, analizzando il suo percorso. Fatto di gavetta e meritocrazia, con tanti saluti ai raccomandati e al nepotismo. Conta la bravura. Contano le idee. E qui, senz’ombra di dubbio, il tecnico della Juventus sa abbondantemente il fatto suo. Approdato al posto di Max Allegri per rappresentare un chiaro segnale di discontinuità, l’ex Chelsea invece s’è invece riscoperto pragmatico e meno dogmatico.
Alla Continassa, si sa, vincere è l’unica cosa che conta. Dunque, tocca adeguarsi. Sebbene, a 61 anni, cambiare carattere e filosofia calcistica sia pressoché impossibile. Certi angoli si possono smussare, sul campo e ai microfoni. Ma poi, inevitabilmente, emerge il DNA. Vincente.
Europa League – conquistata – con i Blues. E ora il tricolore, il primo per lui, nonché il nono di fila per Madama. Un matrimonio inaspettato, ma fortemente voluto: da entrambe le parti. Con Sarri che, per sua stessa ammissione, ha scelto rispettare la sua professione e, soprattutto, la sua professionalità. Con la Juve che, in virtù di un cambiamento votato a un calcio differente, ha affidato con convinzione la panchina al grande rivale dei tempi di Napoli.
Normale, quindi, che all’interno di un cambiamento così drastico possano subentrare momenti complicati. Vedi, ad esempio, le troppe sconfitte in trasferta. Il tutto, adeguandosi alle caratteristiche di una rosa poco vicina – o per nulla vicina – alle idee sarriane.
Basti pensare alla prima gara ufficiale, in trasferta a Parma, con il centrocampo titolare a recitare: Khedira, Pjanic, Matuidi. Tre fedelissimi del predecessore che, in virtù dell’evoluzione, avrebbero dovuto cambiare pelle o più semplicemente destinazione.
Invece, all’insegna del buon senso, Sarri ha scelto di ottimizzare a dovere quanto di (ottimo) lasciato in eredità dal predecessore. Proponendo, gradualmente, qualche cambio. Vedi una difesa più alta votata al recupero del possesso, vedi l’intesa tra Cristiano Ronaldo e Dybala arrivata ormai alla massima espressione.
Merito nel merito, poi, aver portato Bentancur a chiudere l’apprendistato per recitare un ruolo centrale. Insomma, un lavoro certosino che sia come mezzala sia come regista ha fornito, e fornirà, ottimi segnali. Copione simile per De Ligt, acquisto azzeccatissimo.
Restano i margini di miglioramento collettivi, fondamentali per consolidare un matrimonio ancora nel vivo e che si basa su un progetto triennale. Detto ciò, occorre prendere delle decisioni. Magari anche impopolari, ma vitali affinché la Juve diventi totalmente sarriana. E viceversa.
Obiettivo: abolire il concetto di ibrido. Pericoloso, e non poco, considerando come i campioni d’italia in carica abbiano deciso di puntare su un filosofo preposto al calcio creativo e organizzato. A 61 anni si può e si deve sognare. In quanto diventare il tecnico più anziano ad aver vinto la Serie A non è più utopia, bensì una splendida realtà.
Sarri Scudetto