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Virtus Bologna, campione d'Italia e di infortuni

6 DICEMBRE
BASKET

Scariolo, in appena cinque mesi, ha visto la squadra decimarsi.

SPORT TODAY

Per chi ci crede, a Bologna si può andare, dopo una bella e lunga camminata sotto il porticato più lungo del mondo, fino al santuario della madonna di San Luca, dove, nel caso, si possono poi fare anche uno e più voti. Consiglierei alla Virtus, o meglio a quello che rimane della squadra campione d’Italia, di pensarci su seriamente e magari, perché no, sostituire una delle prossime sedute mattutine di atletica con questa passeggiata in salita, che, se fatta a buon ritmo, può anche avere il suo valore aerobico. Eh si perché, se volete, provate a trovarmi una squadra più sfortunata della Segafredo di questi primi cinque mesi di basket giocato.

Credo non si sia mai visto un tale accanimento di chissà quale fattore esterno, nei confronti di un singolo club che, dalla finale di Supercoppa in poi, si è visto decimato dagli infortuni. Anzi no, perdonatemi, il tutto è iniziato anche prima, col virus intestinale che Mannion si è preso alle olimpiadi di Tokyo, e dal quale l’acquisto più a sensazione (assieme a quello di Melli a Milano) della stagione non si è ancora del tutto ripreso (tant’è che, quando è possibile, Scariolo lo tiene ai margini, se non fuori dalle rotazioni).

Domenica, in un colpo solo, in una partita inaspettatamente punto a punto con Sassari, la gran malata del nostro basket, ha visto cadere, uno dopo l’altro, tre giocatori chiave per il momento che i bolognesi stanno vivendo, già colorato di rosso. Prima ci sono voluti solo 19 secondi dalla palla a due, perché si infortunasse Kevin Hervey, scivolato in modo strano con un ginocchio che si è piegato in maniera non naturale. Dopo la paura del pomeriggio, ora sappiamo che non si tratta di nulla di grave. Solo una brutta botta, senza l'interessamento dei legamenti quindi a far tirare un sospiro di sollievo a tutti i tifosi e gli appassionati. Nulla di grave dunque per quello che è, a tutt’oggi, una delle sorprese più piacevoli del nostro torneo. Continuiamo ora con la “chiama” della sala medica virtussina.

Gli “scavigliamenti” di Pajola e Cordinier potrebbero essere considerati come “routine”, in uno sport dove caviglie piegate e dita insaccate sono all’ordine del giorno, ma purtroppo in questo caso, non lo sono. Per il play della nostra nazionale, uscito dal campo sofferente ma sulle sue gambe, sembrerebbe una “girata” non importante che toglierà però per qualche tempo, equilibrio nella rotazione dei piccoli bolognesi, mentre per il francese, che aveva decisamente sorpassato Alexander nelle preferenze del coaching staff, le cose sembrano un po’ più complicate, visto che ha lasciato il campo con il sostegno di due compagni. Il non poter appoggiare il piede infortunato per terra non è mai un buon segno e nella scala delle “ankles sprain” utilizzata in NBA, significa molto spesso un “grade” alto, con riposo obbligato di almeno due/tre settimane.

Anche qui, incrociando le dita, staremo a vedere ricordando per chiudere che, questi tre infortuni (oltre a quello del già citato Mannion) si aggiungono alla borsite di Belinelli (già rientrato) ai legamenti saltati di Udoh e Abass (fuori entrambi per tutto l’anno) ed ai costanti problemi di Jakarr Sampson (assente contro Sassari). Se a ciò sommiamo che anche Jaiteh non è stato benissimo, più altri problemi sparsi nel roster (ma questa è routine) si comprende bene come la camminata verso la cupola di San Luca, possa diventare davvero un passaggio importante della stagione bianconera.

Teodosic Virtus

Getty ImagesTeodosic Virtus

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