NCAA, March Madness: le misure anti-Covid

Nel 2020 la cancellazione della fase finale del torneo di basket collegiale si stima abbia comportato una perdita di circa 375 milioni di dollari, una cifra che certamente negli States (e non solo) non vogliono più lasciarsi sfuggire.

Quest’anno per evitare di ripetere l’infausto scenario del 2020 l’NCAA ha dunque provveduto ad organizzare tutto fin nei minimi dettagli facendo molta attenzione, come inevitabile che fosse, a scongiurare i rischi legati a potenziali contagi e focolai.

In quest’ottica, per la fase con le migliori 68 squadre d’America sono stati fissati protocolli assai stringenti. Secondo questi ultimi, i 34 membri consentiti per ogni team si sono dovuti sottoporre a 7 giorni di test consecutivi negativi effettuati a partire dal 6 marzo. Costoro hanno poi dovuto (e continueranno a farlo) sempre viaggiare tutti insieme e soggiornare in hotel (riservati) ciascuno in stanze singole senza poter ricevere nessun ospite.

Nel caso in cui, col progredire della manifestazione, tali misure non dovessero bastare e qualche cestista dovesse contrarre il virus, si è deciso che la squadra interessata dalle positività non verrà messa totalmente in isolamento ma potrà scendere in campo a patto che abbia sempre almeno 5 giocatori da schierare.

Una volta sul parquet, infine, gli atleti potranno godere di un supporto limitato da parte del pubblico: ogni arena infatti potrà essere riempita fino al 25% della sua capienza per ogni partita con le Final Four che al massimo quindi vedranno sugli spalti del Lucas Oil Stadium 17.500 persone.

Getty ImagesLucas Oil Stadium