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Recita così una canzone a lui dedicata da Toni Malco, cantautore di fede biancoceleste. Sì, perché Maestrelli non è ricordato solo per la Lazio, ma anche per le qualità da centrocampista che gli hanno permesso di vestire le maglie del Bari, della Lucchese e, scherzo del destino, della Roma, fino all'esordio con la Nazionale. Il riconoscimento più importante è datato però maggio 1949. Tommaso vestiva la maglia giallorossa e con le sue prestazioni attirò l'attenzione e l'interesse di Valentino Mazzola, attaccante e capitano del Grande Torino. Fu quest'ultimo a volerlo in granata, tentò di convincerlo a partire con la squadra per Lisbona, ma il mancato rinnovo del passaporto non gli permise di imbarcarsi su quell'aereo che si perse nella nebbia di Superga.
Dovette aspettare 25 anni, prima di poter fare pace col destino. I suoi sogni infranti contro quella maledetta collina, vennero riscattati dal tripudio di bandiere biancocelesti del 12 maggio 1974. Nel giorno del referendum per il divorzio, allo Stadio Olimpico, gli spalti regalano lo scenario perfetto per entrare nella storia. Il rigore di Chinaglia è l'ultimo atto di un cammino che portò Maestrelli a diventare il 'Maestro', conquistandosi di diritto un posto a sedere tra i grandi miti laziali. Tom si era preso la sua rivincita. Dopo averla riportata in Serie A, dopo averlo sfiorato nel '73, finalmente può alzare al cielo il primo Tricolore nella storia della Lazio. L'immagine diviene subito iconica. Lui seduto su quella panchina, intorno la festa e sul tabellone la scritta 'Campioni d'Italia'. La commozione e i pensieri, la sorte finalmente lo aveva premiato, ma con l'intento di riprendersi presto tutto con gli interessi.
Siamo nel 1975 quando accade l'imponderabile. Mentre Maestrelli si gode il suo momento di gloria, l'amore di sua moglie e dei suoi quattro bambini, un dolore al ventre lo spinge a recarsi in clinica per dei controlli. L'esito è drammatico: un tumore al fegato in stato avanzato. È così costretto al ricovero, dando via a un calvario in cui viene sottoposto a cure mediche e operazioni che non sembrano avere successo. Si presentano così da tutto il paese medici, santoni e ciarlatani. Nel lungo elenco anche un certo Imperato. Quest'ultimo, con una cura particolare, sembra riuscire a rimettere in sesto l'allenatore.
Gli esami evidenziano un arretramento della malattia, Tommaso è di nuovo in piedi e pronto a riprendere in mano la sua Lazio, ormai collassata dopo la vittoria del campionato. Wilson e compagni lottano per non retrocedere, il tecnico Corsini ha perso il controllo della squadra e, dopo una sconfitta contro l'Ascoli, viene esonerato. Il ritorno del Maestro è la chiave per una salvezza che sembrava impossibile e che si concretizza alla trentatreesima giornata, quando i biancocelesti, orfani di Chinaglia, strappano in rimonta a Como il punto decisivo.
Ciao Tom
Si concretizza così l'ultimo miracolo. A pochi mesi di distanza la malattia si riacutizza e Tommaso torna in ospedale, dove muore il 2 dicembre del 1976. Scende in questo modo la parola 'fine' su una lunga storia, divisa tra gioie e delusioni, ma che ha visto Maestrelli diventare idolo e bandiera di una tifoseria che ancora oggi ne celebra il ricordo. Un popolo che ha intitolato a lui uno dei settori dello stesso impianto in cui, anni fa, divenne il più amato di tutti.
Getty ImagesBusto dedicato a Tommaso Maestrelli