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Suor Jean e i santi di Loyola

22 MARZO
CALCIO/CALCIO INTERNAZIONALE

Loyola Ramblers e la loro “suorina” sono tornati nel tabellone della “march madness”.

GUIDO BAGATTA

Sarei molto tentato di scrivere della Juve e del suo più clamoroso “Epic Failure” degli ultimi dieci anni, ed invece no, vi ammorberò con… Loyola University. Avete letto bene, una (quasi) sconosciuta università americana al posto della più blasonata squadra di calcio italiana, come “piatto del giorno”. Credetemi, meglio parlare di una vittoria clamorosa, piuttosto di una sconfitta, della quale l’eco durerà ancora per giorni, quindi, almeno qui, avremo tempo per tornarci sopra. Ed allora, spazio alla sorella Jean Dolores Schmidt ed oblio (speriamo non perenne) ad Andrea Pirlo.

Sorella Jean, 101 anni compiuti, in effetti non è una vera e proprio novità: aveva infatti già fatto parlare di sé, quando, tre anni fa, Loyola, appunto, era arrivata, contro ogni pronostico, alle “Final four” del college basket. Non importa che il suo sogno e quello delle poche migliaia di studenti di questo piccolo ateneo gesuita dell’aerea urbana di Chicago, si fosse poi infranto a pochi passi dal traguardo, anche perché la storia, Loyola l’aveva già scritta, come l’allora quasi centenaria cappellana della squadra di basket. Le sue preghiere, leggermente modificate per l’occasione, avevano fatto il giro del mondo, rendendola un personaggio un po’ dovunque si masticasse pallacanestro.

Bene, adesso, a tre anni di distanza, i Loyola Ramblers e la loro “suorina”, non solo sono tornati nel tabellone della “march madness”, non solo hanno iniziato bene il loro percorso tra università molto più grandi e potenti di loro (vincendo l’esordio con Georgia Tech), ma hanno fatto molto di meglio, in attesa di capire se il miracolo del 2018 si potrà ripetere. Dopo aver assistito, in silenzio, alle parole di Jean Dolores, arrivata all’ultimo nella bolla di Indianapolis, dopo essersi vaccinata (adesso ha 101 anni) i Ramblers sono infatti scesi in campo contro Illinois, la numero uno del torneo (almeno nei pronostici) e l’hanno strapazzata, (71 a 58 il finale) cavalcando punteggio ed avversari dal primo al quarantesimo minuto.

Una cosa simile, in realtà, era già successa nel 1963, quando, sulla via del loro primo(e per ora unico) titolo, Loyola aveva anche allora battuto proprio Illinois. E suor Jean, ai tempi 41enne, racconta che già allora si interessava di pallacanestro.

 Per capire meglio la portanza dell’impresa di Loyola, Illinois è una delle università più grandi e potenti d’America (50 mila studenti contro 17 mila) di fronte alla quale la piccola Loyola avrebbe dovuto impallidire, ed invece, i Ramblers, avanti nel torneo, gli altri, a casa a studiare (forse) per i prossimi esami. Dopo aver “sermonato” e benedetto i “suoi” ragazzi, suor Jean si è fatta poi portare in una delle suite del palazzo da dove, avvolta nella stessa sciarpa giallorossa che aveva già sfoggiato nel 2018, ha potuto tifare e godere per il trionfo dei Ramblers. “Il paradiso si avvicina per la seconda volta-avrebbe detto a fine gara- e se Dio vorrà, anche stavolta siamo pronti ad entrarci”. Nella versione “a spicchi” il paradiso inteso dalla simpatica centenaria, dista ancora due partite, che Loyola giocherà nei prossimi giorni.

Se andrà tutto bene, rivedremo poi i Ramblers e suor Jean alle “Final Four”, sempre nella bolla di Indy. Lei ha già detto che rimarrà in città, aspettando il volere di Dio (e forse anche dei prossimi avversari) per capire se i fasti del 1963 e del 2018, già evocati dal cappotto inflitto ad Illinois, potranno ri-materializzarsi sotto i suoi occhi.

GUIDO BAGATTA
Jean Loyola NCAA

Getty ImagesJean Loyola NCAA

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