_atrk_opts = { atrk_acct:'ryZiw1Fx9f207i', domain:'sport-today.it',dynamic: true};(function() { var as = document.createElement('script'); as.type = 'text/javascript'; as.async = true; as.src = 'https://certify-js.alexametrics.com/atrk.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0];s.parentNode.insertBefore(as, s); })();
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Nel 2019, contro Toronto, stava giocando delle finali da MVP prima dell'infortunio. Il ritorno in campo è ancora incerto: “Potrebbe essere qualche settimana dopo l’inizio della prossima stagione, forse un mese. Ho appena tolto il tutore, ora cammino e faccio sollevamento sui polpacci e terapie in acqua, anche se non corro ancora. Sarò onesto: non mi aspetto di tornare subito a palla, giocare 38 minuti a partita, in marcatura sull’avversario più difficile correndo attorno a 100 blocchi. Ne parlo spesso con Rick Celebrini [il capo fisioterapista degli Warriors, ndr], sarò limitato a 18-20 minuti. Ma tornerò quello di prima, quello ve lo posso garantire. Tornerò a essere il giocatore All-NBA che ero, non mi accontenterò di niente di meno: sono troppo competitivo, troppo orgoglioso per essere relegato a un ruolo di supporto. Non vedo l’ora, ho un sacco di energie da parte. Quando tornerò a giocare sarà un giorno gioioso non solo per me, ma per tutti. E anche per voi dei media”.
Klay Thompson non ha nascosto anche i momenti più duri dell’ultimo anno e mezzo: “Quello che ho attraversato è molto più difficile di qualsiasi partita io abbia mai dovuto giocare, o di qualsiasi esercizio in allenamento. Il peso che ha sulla tua testa non è facile da gestire: ti viene sempre da chiederti se tornerai mai a essere quello che eri. È naturale pensarlo, ma non puoi permettere che quei pensieri prendano il controllo su di te. Ma con il mio stile di gioco penso di poter giocare fino a 30 anni inoltrati, perciò non voglio piangermi addosso: mi rimbocco le maniche e provo a fare quello che amo. L’ultimo anno è stato solitario, penso che tutti lo abbiamo provato. Il 2020 è stato probabilmente il peggior anno della mia vita. Ho perso mia nonna, mi sono rotto il tendine d’Achille dopo la riabilitazione, e penso a Kobe Bryant costantemente. Non c’è un singolo giorno in cui non pensi a lui e al fatto che non ho potuto parlarci un’ultima volta. È stato un anno duro per tutti, immagino anche per voi. Non vedo l’ora del futuro, questo è sicuro”.
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