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Inevitabile allora che siano state scritte pagine di storia, andando a battere record importanti e arrivando ai livelli della Honda nel triennio 1996-1998, quando la casa nipponica piazzò prima quattro e poi - per due volte - cinque piloti della propria marca sui gradini più alti del podio. Un record, questo, non battuto dalla Ducati. Sono tre infatti i piloti di Borgo Panigale arrivati davanti a tutti nella classifica finale, quattro nei primi cinque posti. Un vantaggio evidente, in cui proveranno a inserirsi inevitabilmente al primo errore KTM e Aprilia senza dimenticare Honda e Yamaha, nobili decadute in cerca di riscatto. Ma guai a considerarlo un campionato monomarca senza più brivido: nessun vincitore del GP precedente è riuscito a confermarsi in quello successivo, un fatto accaduto solo nella prima stagione - 1949 - quando però si disputarono appena sei gran premi.
Un dominio, quello della Ducati, legittimato anche dai numeri. Su venti gare sono stati diciassette i successi, a cui si aggiungono i due dell’Aprilia e uno della Honda. Numeri identici anche per le pole position, mentre sedici su diciannove sono invece le vittorie nelle Sprint. Dati che certificano una percentuale di successo pari all’85%, dando ragione effettivamente a Dall’Igna: la Red Bull ha effettivamente fatto meglio, arrivando al 95% delle gare vinte: diciannove su venti, fa eccezione il trionfo di Sainz a Singapore con la Ferrari. Ma la Formula 1 è un’altra cosa e la battaglia, almeno in MotoGP, è stata vera, fino all’ultimo Gran Premio. E solo la caduta di Martin ha evitato che arrivasse, almeno per quest’anno, fino all’ultima curva.
Getty ImagesDall\'Igna