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La carriera di Baggio è stato uno splendido, azzurrissimo film. Con tanti picchi e anche cadute, tra quei maledetti infortuni che lo hanno martoriato per tutto il corso della sua carriera e, soprattutto, il suo unico grande rimpianto: quel maledetto rigore a Pasadena, nella finale del Mondiale del 1994. Forse all'Italia, per superare ai rigori il Brasile in quella maledetta lotteria finale, non sarebbe neanche bastato eppure quel pallone alto sopra la traversa resta il suo unico vero cruccio. Per il resto, non ha mai rimpianto nulla Roberto.
Amato in ogni piazza, capito, aspettato, idolatrato. Persino a Firenze, nonostante quel trasferimento alla Juventus in cui poi si consacrerà vincendo il Pallone d'Oro nel 1993. A ogni piazza Baggio ha sempre voluto bene e ha sempre ripagato l'amore incondizionato del pubblico regalando momenti indelebili di calcio, dal Vicenza in cui il suo talento è esploso al Brescia, sua ultima casa. Passando anche per la Juve, il Milan e l'Inter. Ben 205 gol in Serie A, due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa dopo, i numeri e i trofei restano sempre un triste e insufficiente mezzo per raccontare un giocatore così iconico. Indiscutibilmente tra i più grandi di sempre, nonché simbolo di un romanticismo per cui in questo calcio, forse, non c'è davvero più spazio.
Getty ImagesRoberto Baggio con la maglia dell\'Italia