_atrk_opts = { atrk_acct:'ryZiw1Fx9f207i', domain:'sport-today.it',dynamic: true};(function() { var as = document.createElement('script'); as.type = 'text/javascript'; as.async = true; as.src = 'https://certify-js.alexametrics.com/atrk.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0];s.parentNode.insertBefore(as, s); })();
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«Quando chiudo gli occhi e penso al derby penso al momento in cui entriamo sul campo e ci sono le due coreografie. È stato speciale. Il gol? Mi ricordo che era una ripartenza: Lautaro manda Dumfries in profondità, io recupero palla, vedo che Thiaw non mi attacca subito, vuol dire che ho il tempo di girarmi, lo punto e sono uno contro uno con lui. Ho il tempo di tirare, entro, tiro, faccio gol». Sul suo ruolo rivela: «L'anno scorso è stato il primo in cui ho fatto il 9 per tutta la stagione. Ausilio mi aveva visto come 9 già due anni fa, vuol dire che mi conosce molto bene come giocatore e questo mi ha aiutato a fare la scelta. Penso che il mio percorso, l'aver giocato prima in altre posizioni, mi ha aiutato a diventare il 9 che sono oggi. Non sono un 9 tipico che rimane fermo e non si muove: mi piace muovermi, giocare con i compagni, dribblare, fare assist e gol. Aver giocato sull'ala in passato mi permette oggi di fare cose così».
Figlio d'arte, Marcus rivela quanto sia stato importante l'esempio di papà Lilian, straordinario centrale difensivo che in Italia ha vestito le maglie di Parma e Juventus: «La finale del Mondiale 1998 era il 12 luglio, non avevo ancora un anno. Per papà è stata una cosa incredibile, io ero troppo piccolo e non mi ricordo nulla. Verso i 10-11 anni ho iniziato a capire chi fosse mio padre. Quando vedo lui non penso a cosa ha fatto sul campo, per me è mio papà e basta. Riguardo sempre le partite con lui, le commentiamo e mi piace molto perché mi fa imparare velocemente. È molto molto severo, ma è meglio così. Ogni volta che esco da una partita in cui ho segnato, ad esempio, se vede che sono contento e sorrido lui mi dice 'calmati, vieni in macchina che ti spiego due cose'».
Il classe '97 racconta poi un aneddoto piuttosto divertente: «Avevo 10 anni, un giorno vado all'allenamento e avevo dimenticato le mie scarpe. Messi era giovane, aveva 19-20 anni. Volevo andare sul campo dopo l'allenamento insieme agli altri bambini. Ma non avevo le scarpe e Messi era il più vicino alla mia misura: io avevo 38 e lui aveva 40-41. Allora mi dà le scarpe, io ci gioco e dopo l'allenamento mi dice 'prendile, puoi portarle a casa'. Ma io avendo 10 anni non mi rendo bene conto, so che lui è un giocatore del Barcellona ma non capisco ancora bene quanto grande sia Messi. Il giorno dopo vado a calcio e regalo le scarpe di Messi a un mio amico senza pensarci troppo. Tutti i giorni mi pento di quella scelta (ride, ndr)».
Getty ImagesMarcus Thuram, Inter