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No, a vincere non ce l'ha fatta. Il torneo più prestigioso d'Inghilterra sull'erba londinese è stato vinto dal numero uno al mondo Novak Djokovic, ma ha comunque lottato con onore in un match perso in quattro set.
A pochi giorni dall’incredibile impresa siglata a Wimbledon, Berrettini ha rilasciato un’interessante intervista al Corriere della Sera spiegando cosa resta di quel magico pomeriggio sul centrale di Wimbledon.
"Un delirio di belle emozioni, tra cui è difficile scegliere. Il momento in cui ho chiuso 7-6 il primo set della finale con Djokovic è stato speciale: urlavo di gioia ma non riuscivo a sentire la mia voce, il boato del centrale di Wimbledon la sovrastava. Vittoria dell'Italia agli Europei? Sono arrivato nell’intervallo di Italia-Inghilterra, quando perdevamo 1-0.
Non ho fatto in tempo ad entrare nella lounge alle spalle della tribuna d’onore, che mi è venuto incontro il presidente della Repubblica Mattarella. Lui a me! Mi ha colto di sorpresa... Complimenti, mi ha detto, ho visto i primi due set della tua partita, sei stato pazzesco...
Poi non ci ho capito più niente. È sbucato Fabio Capello e mi ha abbracciato: io so chi è Capello, ovviamente, ma non ci eravamo mai visti in vita nostra! C’erano presidenti, istituzioni, vip, ex calciatori...
A un certo punto sono spuntati Shevchenko, Figo, Beckham a cui ho stretto la mano. Una confusione incredibile! Tante emozioni tutte insieme. Troppe. Io sono una persona molto privata, ormai mi conoscete. Essere al centro dell’attenzione non mi piace particolarmente e quando sono troppo esposto mi viene addosso una sensazione di disagio, come se sentissi di non meritarmi tanti complimenti.
Però credo che la finale a Wimbledon abbia scritto un po’ di storia del nostro tennis, forse le attenzioni di questi giorni un po’ me le sono meritate" . Berrettini ha poi parlato della sua vita fuori dal campo.
"Sembro sereno, ma poi ripenso alle cose e non riesco a dormire, rimugino per giorni. Gestire le emozioni intense di una finale sul centrale di Wimbledon, per esempio, non è stato affatto facile. Per calmarmi ho pensato alla strada per arrivare fino a lì, al lavoro, alle trasferte, ai mesi lontano da casa e dalla famiglia.
Mi ha aiutato a sentire che mi meritavo quella partita, che era giusto che fossi in quel luogo, contro quell’avversario. Perché mi sono impegnato e sono la dimostrazione che il lavoro paga" .
Getty ImagesMatteo Berrettini