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C’è tanto orgoglio nelle parole di Goran Ivanisevic, tornato a rilasciare dichiarazioni dopo il rapporto appena concluso con Novak Djokovic: “Un grande onore, ma anche una grande responsabilità che mi ha reso orgoglioso, emozionandomi davvero tanto. Per quanto riguarda la nostra collaborazione, è stata turbolenta per tutto ciò che è successo intorno a noi: l’infortunio alla spalla all’Open degli Stati Uniti nel 2019, poi il coronavirus, ma Nole è il più grande tennista di tutti i tempi, anzi uno dei più grandi atleti di tutti i tempi”.
Il croato ha, poi, descritto la loro rottura: “Non c’è davvero una ragione reale, ma sono stati cinque anni davvero difficili e intensi per cui avvertivamo un senso di saturazione e fatica. Le persone hanno dimenticato quel periodo durante il coronavirus in cui è stato etichettato come il più grande cattivo del pianeta a causa della vaccinazione. Non ci era permesso entrare in un paese, poi in quell’altro e abbiamo vissuto in una sorta di limbo, giocando non giocando, di nuovo pronti, ma poi cambiavano le restrizioni e ci proibivano di giocare, per non parlare dell’Australia e di tutto quel caos. In fondo, io mi sono stancato di lui e lui di me per cui non mi sentivo più in grado di aiutarlo”.
Secondo Goran la fine del rapporto era ormai nell’aria da tempo: “Non è accaduto davvero dopo Indian Wells, ma dalla trasferta in USA della scorsa estate in cui ho cominciato a sentire che la fine fosse vicina. Col senno di poi, sarebbe stato meglio chiudere al termine della scorsa stagione, ma non è vero che la nostra relazione e la nostra comunicazione fossero turbolente. Novak è proprio così, è stato lo stesso con Becker e con Marian: quando mi urlava contro durante le partite non mi disturbava anche perché meta delle sue urla neanche riuscivo a sentirle”.
Ivanisevic si è, quindi, soffermato sulle due sconfitte con Sinner a Melbourne e con Nardi a Indian Wells: “Non so cosa sia successo con Jannik: non era se stesso, poteva anche finire in una batosta, ma è riuscito a vincere il terzo set anche se non si è sentito bene per tutto il torneo ed è così bravo che potrebbe battere giocatori importanti su una gamba sola, tuttavia contro Alcaraz, Sinner o Medvedev devi essere perfetto. Diverso quello accaduto negli Stati Uniti dove non è stato bravo e contro Nardi il primo set è stato il peggiore che gli abbia visto giocare negli ultimi cinque anni: non era pronto per quella battaglia e, se al posto del Novak A arriva il B, abbiamo un problema”.
E, infine, traccia un bilancio di questa emozionante avventura: “Sono stato con lui negli allenamenti e trovare le motivazioni non è facile, soprattutto fuori dagli Slam ed è quello che è accaduto in California dove ci siamo divertiti molto, ma eravamo troppo rilassati. Abbiamo parlato tanto dopo Indian Wells e sono felice di averlo fatto senza mandare SMS o chiamandoci al telefono: ci siamo seduti e per me era importante dirgli certe cose su come mi sentivo e, a sua volta, lui mi ha detto come si sentiva. Quando le telecamere sono spente, Novak è una brava persona e ha un grande cuore: sono sempre stato pronto a morire per lui se fosse stato necessario, combatteva contro il mondo intero. Non è stato facile essere il suo allenatore durante il coronavirus, ovunque andassimo la gente ci guardava male e lo vedeva come il cattivo. Tanti si sono avvicinati per dirci di tener duro, ma ce ne sono stati alcuni molto scortesi e aggressivi”.
Getty ImagesNovak Djokovic e Goran Ivanisevic quando lavoravano ancora assieme