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"Sono Vingegaard e Pogacar i principali punti di riferimento, certamente se ne aggiungerà un terzo indicato dalla strada, ma al momento non so individuare chi possa essere; quando vinsi i favoriti erano Contador e Froome, si erano dati battaglia al Giro del Delfinato, che però avevano perso. Li avevo visti da vicino e all'inizio sembravano troppo in forma per affrontare un 'Grande Giro'. Jonas ha vinto alla grande il Delfinato, ma ha uno staff che studierà ogni dettaglio; la condizione di Pogacar è un punto di domanda, lui è un numero uno che un anno fa ha cercato sempre, sbagliando, di attaccare, sprecando energie, quest'anno potrà correre invece in attesa. Un elemento importante è stato Roglic, un anno fa ha dato una mano a Vingegaard al punto da fare saltare i nervi a Pogacar; c'è Van Aert, non sappiamo se il belga arriverà a Parigi o quanto il Mondiale sia obiettivo per lui realistico".
Riconfermarsi a certi livelli è difficile, non è questione di pancia piena: "Vingegaard un anno fa ha vinto da outsider, correre con la pressione di dovere vincere una corsa così è una cosa differente; ho patito le aspettative nel 2015, da campione incarica sbagliai a rinunciare al Giro d'Italia. Pogacar ha la grande chance di vincere il suo terzo Tour de France, basta gestisca le montagne che avevano fatto la differenza per lui in negativo nel 2022. Tadej è il corridore più completo che ho visto in corsa, vince il Fiandre, sogna la Milano-Sanremo, emerge in uno sprint ristretto; Jonas deve prendere subito la Maglia Gialla, ha la squadra migliore; è sempre meglio correre in difesa che all'attacco, almeno io la vedevo così".
Getty ImagesPogacar, Van Aert e Vingegaard