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Richarlison: "Da bambino mi hanno puntato una pistola in testa"

19 DICEMBRE
CALCIO

Il giocatore dell'Everton: "Io e i miei fratelli vivevamo in una zona pericolosa, ho visto tante cose brutte come droga e violenza".

SPORT TODAY

Ai microfoni di As, Richarlison ha raccontato la sua infanzia difficile: "E' stata molto povera, sono nato in una città del nord dello stato di Espírito Santo, nel sudest del Brasile. È un paesino piccolo, dove molta gente lavora nei campi e c'è molta povertà. Sin da quando ero piccolo ricordo che vedevo mio padre lavorare tutto il giorno per pagare le bollette e ogni mese era difficile avere i soldi per le minime cose, anche se lui si sforzava. E molto presto ho cominciato a lavorare anche io per dare una mano, vendevo caramelle, gelati e quando ero adolescente ho anche raccolto il caffè con mio nonno.

Io e i miei fratelli vivevamo in una zona pericolosa, ho visto tante cose brutte come droga e violenza. È stato molto difficile, ma avevo i miei angeli custodi che mi hanno sempre tenuto sulla retta via. Molti dei miei amici di infanzia non hanno avuto la stessa fortuna, alcuni sono finiti nel mondo della droga e altri sono addirittura morti. Ma grazie a Dio e alle persone che mi hanno aiutato sono diventato un calciatore, che è sempre stato il mio sogno anche per dare una vita migliore alla mia famiglia. Mi sento un privilegiato e fortunato, perchè le cose potevano finire in maniera diversa". 

Un episodio lo ha segnato particolarmente: "Tornavo da scuola con i miei amici e un tizio pensava che stessi vendendo droga nella sua zona. Mi ha puntato la pistola in testa e mi ha minacciato, ma grazie a Dio ho avuto la tranquillità di spiegargli che stavo andando al campo da calcio e che non vendevo nè usavo droghe. Volevano spararmi, ma il calcio mi ha letteralmente salvato la vita. Mi ha lasciato andare, ma ero molto spaventato. Ora è facile parlarne, ma è un qualcosa che ha segnato la mia infanzia e mi ha spinto a cercare un cammino diverso rispetto ai miei amici".

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