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Totò e il "fattaccio di Sanremo"

27 GENNAIO
Non solo Sport/Sanremo

Nel 1959, il grande attore comico decise di dimettersi dall'incarico di presidente della commissione.

SPORT TODAY

Si ha motivo di suppore che il biennio 1958-1959 non sia stato quello più sereno nella lunga carriera di Totò. L’attore napoletano proveniva all’epoca dalla broncopolmonite virale che gli era stata diagnosticata nei primi mesi del 1957, alla quale seguì l’infausto periodo dei gravi problemi alla vista, definitivamente precipitati nel maggio del medesimo anno.

Ma, riferendosi ai due anni precedentemente citati, è nel 1958, ospite nella trasmissione di Mario Riva “Il Musichiere”, che Totò si lascia sfuggire un incauto “Viva Lauro! A me me piace Lauro…” – riferendosi all’ex sindaco di Napoli, futuro candidato alle elezioni nazionali che si sarebbero tenute da lì a tre mesi e, soprattutto, segretario del Partito Monarchico Italiano. 

Per Totò, curiosamente, era quella la prima apparizione televisiva ufficiale. Ci mise ben poco, dunque, a far infuriare i dirigenti Rai dell’epoca – democristiani incalliti – e farsi cacciare dalle reti nazionali fino al 1966, quando fece il suo ritorno ospite a Studio Uno.

Il 1959, invece, è l’anno del fattaccio di Sanremo.

L’attore, nonostante ancora si stesse trascinando i problemi alla vista, accettò l’offerta del ruolo di presidente della commissione che avrebbe dovuto selezionare le canzoni da ammettere al festival, rifiutando inoltre – si dice per dimostrare la sua riconoscenza per l’offerta ricevuta, e per il suo amore per Sanremo – il compenso previsto.

L’entusiasmo di Totò, purtroppo, durò ben poco. I rapporti con gli altri membri della commissione si risolsero in uno scontro relativo all’ammissione di “Parole”, brano di Maresca e Falpo che l’attore era deciso ad ammettere al Festival, contrariamente alle intenzioni di voto dei colleghi. La richiesta di quest’ultimi di far firmare il verbale conclusivo anche al presidente – verbale che, quindi, escludeva “Parole” dal Festival – rappresentò per Totò l’affronto finale, al quale seguirono immediate e irrevocabili dimissioni, annunciate e messe in atto ancor prima che il processo di selezione delle canzoni fosse terminato.

Non faccio l’uomo di paglia per Sanremo”, titolò il settimanale Oggi il 24 dicembre 1959, e certo non fu un gran regalo di Natale né per gli organizzatori del Festival, né per la commissione giudicante. L’articolo che seguiva il titolo non fu da meno.

“Esistono presidenti onorari e presidenti effettivi. Gli uni possono attribuire alla loro carica un valore puramente simbolico, gli altri no”, scrive Totò alla rivista, aggiungendo poi che “comunque stiano le cose, però, io mi rifiuto di ammettere che il presidente di una commissione come quella del Festival possa essere considerato una figura decorativa o, peggio ancora, un fantoccio. E, soprattutto, non ammetto che la parte del fantoccio tocchi a me.”

Come se non bastasse, qualche giorno prima – il 17 dicembre dello stesso anno – l’editoriale di Alfredo Panicucci su “Il Musichiere” – intitolato “Hanno perso la testa” - riportava in bella vista la foto di un contrariato Totò e quella della commissione a lavoro, accompagnato dalla didascalia “La presidenza di Totò è durata il breve spazio di tre settimane. Poi il principe Antonio De Curtis si è alzato dalla sua sedia e ha detto basta. Allora è cominciato il caos”.

Esperienza infelice, dunque, quella di Totò a Sanremo, ma non l’unica. Qualche anno prima, nel 1954, il Principe aveva partecipato alla rassegna in qualità di autore del brano “Con te”, interpretata da Achille Togliani prima e dalla coppia Natalino Otto e Flo Sandon’s poi.

Anche in questo caso, polemiche su polemiche: causate, a detta di molti, dall’invidia di coloro che non ritenevano che l’attore dovesse spingersi in un campo non suo – quello autoriale -, e che vedevano nel suo tentativo il desiderio di arricchirsi alle spalle di quelli che, a Napoli, il mestiere di autore lo facevano per sopravvivere.

Il 30 gennaio del 1954 – lo stesso giorno in cui si chiuse il Festival – il settimanale “La Settimana Incom Illustrata” pubblicò l’articolo “Napoli contro Totò”: “Totò è triste perché i napoletani gli fanno la guerra”, spiega l’autrice Emiliana Granzanotto. "Mi trattano come se fossi nato a Milano, anzi peggio”, aggiunge il protagonista della vicenda. “È come se mia madre mi dicesse che sono brutto. Per le mamme i figli debbono sempre essere i più belli, i più buoni e i più bravi. Invece i napoletani mi vogliono far passare per un essere spregevole, bugiardo, mistificatore”, per concludere poi, amarissimo e malinconico come la sua doppia esperienza sanremese, con “Io ci soffro. Queste cose mi fanno male.”

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