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Sanremo, i peggiori outfit

27 GENNAIO
Non solo Sport/Sanremo

Da Loredana Bertè a Laura Pausini, nella storia del Festival non sono mancati abiti rivedibili...

SPORT TODAY

In un Festival che nel corso degli anni si è sempre più caratterizzato come show televisivo, per sua natura nazionalpopolare e dunque adatto per le masse – ovvero per un pubblico trasversale da un punto di vista anagrafico, socioeconomico e culturale -, e con maggior precisione transmediale – dai giorni precedenti alla sua inaugurazione fino a quelli successivi alla proclamazione del vincitore è un profluvio di trasmissioni tv, interviste radio e commenti social, per una copertura mediatica che in Italia non ha pari - vien da sé pensare che niente, nelle esibizioni degli artisti in gara, sia lasciato al caso.

Certamente non lo sono gli abiti indossati dagli artisti, ed è legittimo pensare che anche quelle che sono state giudicate le scelte più incomprensibili nella storia del Festival siano frutto di un ragionamento pensato, di una qualche razionalità che – è evidente – non può che sfuggire allo spettatore medio e al mediocre giornalista – fa poca differenza che questo sia televisivo, radiofonico, iscritto all’Ordine o meno: se un vestito appare brutto, addirittura orribile, non è detto che lo sia. Curiosamente, questo vale anche per le canzoni, ed è vero anche il processo inverso: che canzoni che sembrano bellissime – o, addirittura, vincano – siano effettivamente atroci.

Rimanendo in tema abiti, se è vero che il gusto è soggettivo e che lo stile e la moda hanno molte declinazioni, è vero anche che c’è una possibilità oggettiva di passare in rassegna quelli che, nella storia del Festival, sono stati cinque tra gli outfit più criticati.

1 – Loredana Bertè finta madre

Nel 1986 Loredana Bertè partecipa a Sanremo con la canzone “Re”, comparendo sul palco avvolta in uno strettissimo vestito di lattice dotato di finta pancia da donna incinta. “La gente crede che la donna incinta debba per forza soffrire in un letto e aspettare il lieto evento con un medico e una levatrice a fianco, invece che ballare, cantare, ed essere se stessa soprattutto in quei momenti così importanti per lei”, dichiarerà la Bertè. La giuria e il pubblico ingessato dell’Ariston, purtroppo, non capiranno la provocazione.

2 – Donatella Rettore, alieno o angelo?

È cosa nota che la Rettore, nel 1986, non avrebbe voluto partecipare al Festival con “Amore Stella”, brano non giudicato nelle proprie corde dall’artista e, in futuro, mai più interpretato dal vivo. La spuntò, però, l’etichetta discografica, costringendola alla partecipazione. In tutta risposta, l’outfit fu di quelli che non passano inosservati: abito bianco con vertiginoso spacco laterale, gamba velata di nero, due ali in tessuto bianco che dai fianchi raggiungono le spalle e voilà, della canzone non si ricorda più nessuno.

3 - Sabrina Salerno e Jo Squillo per uno splendido 1991

Siamo donne oltre le gambe c'è di più, donne donne, un universo immenso e più. C'è chi al mondo è un egoista e chi invece è pacifista, c'è chi no, non cresce mai e si trova in mezzo ai guai, cantava il duo sul palco della quarantunesima edizione del Festival. Un inno al femminismo, certo, interpretato in bikini e mini-dress e che, manco a dirlo, non impressionò la giuria. Vinse un più rassicurante Riccardo Cocciante, quell’anno, ma “Siamo donne” divenne uno dei tormentoni dell’anno e, a tutti gli effetti, parte della cultura pop del Paese.

4 – Pausini in crociera

Sono pochi i casi in cui un look improbabile riesce a non distogliere l’attenzione dal brano portato in gara. La giacca da comandante di crociera indossata dall’allora diciannovenne Laura Pausini nel 1993 e – si crede e si spera – mai più rispolverata fa parte della categoria: quell’anno, l’artista di Faenza si consegnò alla Storia e alle camerette di milioni di adolescenti con la hit “La Solitudine”: canzone di tale portata da esser capace, appunto, di far rimuovere dalla memoria storica del Paese l’outfit con la quale fu presentata.

5 – Keanu Reeves, accostamenti cromatici letali

Con Keanu Reeves, lo diciamo preventivamente, siamo di parte. La sua gentilezza è cosa nota ad Hollywood e nel web – e, quindi, ovunque. La descrizione dei suoi gesti altruisti assume spesso i contorni della parabola evangelica, le sue foto da divo educato e solitario – memorabile quella in cui, su una panchina, sbocconcella mestamente un panino sotto lo sguardo di un piccione; “non ero triste, stavo solo mangiando il mio panino!”, dichiarerà candidamente l’attore al The Late Show di Stephen Colbert – riempiono il cuore di grandi e piccini e sì, Matrix gioca un ruolo fondamentale nel nostro amore per lui.

Possiamo dunque perdonargli anche cintura e scarpe marroni sfoderate nel 2017 su giacca e pantaloni blu, un qualcosa che a dirlo fa già il suo effetto ma a vederlo, converrete con noi, ne fa uno molto maggiore.

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