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I tributi meno riusciti nella storia del Festival di Sanremo

26 GENNAIO
Non solo Sport/Sanremo

Dall'edizione dei figli d'arte alle cover più deludenti: quando l'omaggio si è trasformato in flop.

SPORT TODAY

In oltre 70 anni di storia stati tanti i momenti nei quali il Festival della Canzone Italiana di Sanremo è finito nel mirino della critica e degli spettatori per aver provato, senza riuscirci, ad “omaggiare”. Chi? Un po' tutto e tutti, leggende della musica, la storia del paese e non solo, per una tendenza che ha preso piede in particolare negli ultimi anni, quelli del Festival sempre più mediatico e televisivamente "utile". Scorriamo alcuni dei tributi meno riusciti di sempre.

1976, Sanremo omaggia la radio: il Festival è... senza conduttore

Nel 1976 il Festival di Sanremo si congeda dal Casinò. Dall’edizione successiva la gara canora si trasferirà al Teatro Ariston per restarci definitivamente con la sola eccezione del 1990. La conduzione viene affidata a Giancarlo Guardabassi, che può essere considerato a tutti gli effetti il primo disc jockey d’Italia, nonché il precursore di uno stile di conduzione che arriverà fino ad oggi e che farà scuola a tutti i presentatori “all’americana”, tra i quali si può annoverare anche lo stesso Amadeus. 

Peccato però che il suo omaggio agli 80 anni di vita della radio non si rivelerà un successo: Guardabassi sceglie infatti di condurre senza mai salire sul palco, rimanendo seduto ad un tavolo a lato della scena, di spalle a una colonna, affiancato da due assistenti, trasformando lo spettacolo in tutto e per tutto in uno show radiofonico. Una scelta coraggiosa, nello stile di un vero e proprio anticipatore, “colpevole” però di dimenticare che Sanremo è uno degli eventi più liturgici che esistano. A parziale discolpa dell’ideatore va detto che Guardabassi fu costretto a preparare il Festival in due giorni, dopo la clamorosa decisione in extremis di Domenico Modugno di rifiutare il ruolo di conduttore.

1989, l'annus horribilis dei figli d'arte

La prima era Pippo Baudo si è conclusa dopo tre edizioni, non consecutive. Un’altra, ben più lunga, sarebbe iniziata nel 1992, al termine di tre anni di sperimentazioni non proprio fortunate alla conduzione. Non lasciarono il segno rispettivamente nel 1990 e nel 1991 Gabriella Carlucci e Edwige Fenech, due delle donne più in vista dell’epoca televisivamente parlando, tradite dall’emozione a suon di papere, ma andò decisamente peggio nel 1989 il tentativo di affidare la settimana sanremese ai “figli d’arte”. 

Puntando su Rosita Celentano, Paola Dominguin, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi l’idea fu quella di omaggiare i rispettivi genitori, Adriano Celentano, Lucia Bosè, Anthony Quinn e Ugo Tognazzi, ma l’esperimento fallì clamorosamente, trasformando un’edizione passata musicalmente alla storia grazie al successo di Anna Oxa e Fausto Leali, al debutto di Jovanotti e soprattutto all’epica 'Almeno tu nell’universo' di Mia Martini in uno dei più grandi flop della storia del Festival. I ragazzi avrebbero poi fatto carriera nei rispettivi campi, ma semplicemente all’epoca non erano ancora pronti e infarcirono la conduzione di gaffes memorabili quanto imbarazzanti. Leggenda vuole che il quartetto sarebbe dovuto essere “protetto” da un presentatore più esperto come Renato Pozzetto, che non ha però mai confermato ufficialmente (la rinuncia).

2010, il Sanremo "patriottico" di Emanuele Filiberto, Pupo e Marcello Lippi e la protesta dell'orchestra

Nel 2011 Sanremo visse una tappa storica con l’introduzione della serata dedicata ai duetti, che negli anni sarebbe diventata “Serata Cover”, un vero e proprio show nello show con i cantanti in gara chiamati a scegliere brani della storia del Festival, ma non solo, con la licenza di interpretarli liberamente anche con la presenza di guest stars. Nel 2010 il regolamento della conduzione affidata ad Antonella Clerici per la direzione artistica di Gianmarco Mazzi aveva però già previsto qualcosa di molto simile, una rivisitazione del brano in gara, modificabile anche a livello di testo e arrangiamento e interpretabile da ospiti scelti dai cantanti. La canzone più discussa di quell’edizione fu 'Italia, amore mio', scritta a quattro mani da Emanuele Filiberto di Savoia e da Pupo e interpretata anche dal tenore Luca Canonici. 

Il brano, eliminato nel corso della prima serata, fu poi ripescato arrivando addirittura al terzo posto, avvalendosi pure del featuring del ct della nazionale italiana di calcio, all'epoca (sembra passata una vita, vero?) campione del mondo in carica Marcello Lippi. Il tentativo patriottico di omaggiare il paese e di esprimere il dolore del nipote dell’ultimo Re d’Italia per l’esilio forzato non fece breccia, al punto che l’exploit l'ingresso in finale della canzone fu apertamente contestato dagli orchestrali, protagonisti di una protesta entrata nella storia, il lancio in aria degli spartiti dopo la notizia dell’esclusione dal podio del brano di Malika Ayane. 

2022, gli omaggi (rivedibili) a Battiato e Dalla

La storia del Festival di Sanremo è stata purtroppo scandita anche da tragici annunci dati in diretta. Dalla morte nel 1967 di Luigi Tenco, avvenuta in circostanze mai chiarite nella camera d’albergo del cantante ligure che aveva appena avuto la notizia della propria eliminazione, a quella di Claudio Villa, data da Pippo Baudo nel 1987. Annunci accompagnati dall’inevitabile carico di emozioni e commozione, la stessa che segnò o avrebbe dovuto farlo i tributi riconosciuti negli ultimi anni a grandi della musica italiana che ci hanno lasciato prematuramente. Eppure nell’edizione 2022 all’insegna dei record d’ascolti, non tutto filò liscio e gli omaggi a Franco Battiato, morto nel maggio 2021, e a Lucio Dalla, nel decennale della sua scomparsa, non furono riuscitissimi. 

Il Maestro siciliano fu ricordato solo nei minuti conclusivi della prima serata, attraverso poche note de “La cura”, il paroliere bolognese addirittura con un cappellino e i suoi storici occhialetti portati sul palco da Sabrina Ferilli, sua compagna d’avventura nello show televisivo “La Bella e la Besthia”, ignorando completamente il patrimonio cantautorale offerto alla musica italiana da chi nel 1971 debuttò a Sanremo con la “scandalosa” 'Gesù Bambino', testo poi modificato in '4 marzo 1943' e colpito dalla censura degli organizzatori che imposero vari cambiamenti al testo. 

Cover mania, il Festival e le rivisitazioni più deludenti

Dulcis in fundo, si fa per dire, l'elenco di tentativi non sempre felici di omaggiare brani storici della musica italiana e i rispettivi interpreti o autori proprio durante la serata delle Cover. L’elenco sarebbe lunghissimo, ma in ordine cronologico non si può che partire da Lodovica Comello che nel 2017 cercò di riprodurre le 'Mille bolle blu' di Mina in stile disneyano con palloncini e ballerini. Nello stesso anno non felice fu l’approccio di Alessio Bernabei alle note di 'Un giorno credi' di Edoardo Bennato, ma tra i cantanti più gettonati a livello di tributi (tentati) ci sono Vasco Rossi e lo stesso Luigi Tenco, la cui 'Mi sono innamorato di te' è stata riletta nel 2022 in chiave fin troppo moderna dai rookies Highsnob e Hu con la partecipazione di Mr. Rain. 

Tanti altri debutti scandirono quell'edizione, tra essi quello di Tananai che si rivelò, a posteriori, degno erede di Vasco: il cantante milanese, al debutto al Festival, arrivò ultimo con la sua 'Sesso occasionale', salvo spaccare fuori dalla kermesse, proprio come accadde al rocker di Zocca, eliminato 40 anni prima con la sua 'Vado al massimo'. Peccato che l’omaggio… anticipato andò oltre da parte di un altro deb, Rkomi, che si lasciò andare ad un non memorabile mix “Medley Vasco '80” insieme ai Calibro 35. Blasco apprezzò sui social, followers e critica molto meno. Anche lo stesso Tananai fu però tutt’altro che memorabile nel suo tentativo di omaggiare Raffaella Carrà rivisitando 'A far l'amore comincia tu' featuring Rose Chemical. Volontà apprezzabile, resa molto meno…

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