Il 2 agosto 1998 Marco Pantani portava a termine l'impresa più bella, quella che il ciclismo di casa nostra attendeva dai tempi di Felice Gimondi e che a livello internazionale nessuno avrebbe più emulato, vincere il Tour de France dopo il Giro d'Italia.
Beppe Martinelli, che dirigeva dall'ammiraglia la Mercatone Uno, racconta con emozione a 'Il Giornale' quelle giornate in cui Cesenatico era l'ombelico del mondo e la bandana di un pirata il simbolo di un'Italia vicente: "Ricordo tutto alla perfezione, Marco ha scritto pagine memorabili nel ciclismo e io posso dire di aver avuto fortuna nell'accompagnarlo. Al Tour non ci doveva andare, scattò in lui qualche cosa con la morte di Luciano Pezzi, nostro presidente e team manager: per lui aveva una sorta di venerazione, era stato il ds della Salvarani di Gimondi e sosteneva che lui potesse succedergli. Volevamo vincere una o due tappe di montagna, a parte Marco, naturalmente: una volta in sella gareggiava contro il mondo. Era un corridore fantastico, sapeva fare cose uniche".
Prosegue il bresciano, che ha guidato dall'ammiraglia i vari Contador, Garzelli, Simoni, Cunego, Nibali, e Aru: "Inizio da dimenticare, 169o nella cronometro d'Irlanda, 4' presi da Jan in quella di Correze.. Ma in quel momento capimmo che non eravamo là a fare i turisti, perché su quelle distanze (58 km) rischiava di subire il doppio del distacco; c'è da sottolineare che dopo il Giro d'Italia Marco aveva staccato, dodici giorni senza andare in bici. Ullrich era battibile sul piano emotivo: se l'avessimo isolato, sarebbe andato in crisi e ciò, dopo il successo a Plateau de Belle, avvenne tra Galibier e Les Deux Alpes, in quelle situazioni Marco si esaltava, non dovevi dargli indicazioni. Fece qualche cosa di pazzesco, un volo di rara bellezza, che ancora oggi tra i miei ricordi ha il sapore della più bella fiaba sportiva che ho vissuto. Pantani era forte sia di gambe che di testa".
Getty ImagesIl suo Tour compie 25 anni