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Kalambay, l'azzurro campione del mondo: "Iniziai per strada, zero rimpianti"

6 FEBBRAIO
ALTRI-SPORT/BOXE

L'ex pugile naturalizzato italiano a 28 anni: "Sono contento di quello che ho fatto nella mia carriera".

SPORT TODAY

Al Fatto Quotidiano, Patrizio Patrizio Sumbu Kalambay ha raccontato la sua infanzia difficile nella Repubblica Democratica del Congo, che però ha contribuito il pugile naturalizzato italiano nel 1984 a farlo diventare campione nazionale, europeo e mondiale dei pesi medi: “Il primo incontro di pugilato fu per strada. Era uno di quei match abusivi che si facevano a Lubumbashi, ex Congo belga. Al mio angolo non c’era nessuno, però sentivo le voci di mio fratello e di altri amici che mi urlavano di menare l’avversario. Feci tre round e vinsi.

Poco dopo entrai in palestra dove trovai un vero maestro: mi insegnò la guardia, come si tira e tutte le basi della boxe. Tu hai già fatto pugilato, mi disse. Ma era la prima volta che mettevo piede in palestra. Iniziai a studiare gli altri che boxavano là, poi andavo al palazzetto della città a vedere gli incontri che organizzavano. Ho imparato molto anche così”. 

In Italia, Kalambay ha cambiato vita e addestramento: “Non avevo un vero maestro, ma un manager. In palestra eseguivo il mio programma quotidiano da solo, più tardi avrei avuto anche un preparatore atletico. Imparavo molto guardando gli incontri che trasmetteva Rino Tommasi nel programma La Grande Boxe”.

Nella sua epoca la categoria dei pesi medi era formata da campionissimi, che però Kalambay non riuscì ad affrontare: “Quando io diventai campione del mondo, Hagler smise e Leonard dopo la vittoria lasciò il titolo vacante. Hagler era fenomenale, forte con entrambe le mani. Con Leonard avrei potuto farcela, avevamo lo stesso stile. Con Duran dovevo combattere ma poi saltò il match. Il suo destro era un mattone. Picchiava duro. Con Hearns, altro grande pugile, ha combattuto anche l’italiano Minchillo. Avrei potuto incontrarlo pure io. Anche con Mike McCallum sarei dovuto andare giù dopo tre round, eppure per dodici non mi ha visto. Io sono contento di quello che ho fatto in carriera”.

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