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“Premesso che c’è una sentenza e sulla sentenza non mi permetto di dire nulla, resta il fatto che sono un uomo che può esprimere un’opinione e so essere molto diplomatico e diretto”.
“Ci sono momenti di riflessione che non lasciano indifferenti come il controllo a sorpresa a gennaio a due settimane dalla testimonianza di Alex a Bolzano, il concetto di sorpresa viene meno se si programma un intervento del genere con così largo anticipo, poi mi chiedo perché non sia prevista una terza provetta a garanzia dell’atleta da conservare in un luogo dove non esista il conflitto d’interessi, ed infine potremmo parlare della dinamica processuale, perché ridursi a giudicarlo a poche ore dalla competizione di Rio De Janeiro? Ma non si poteva farlo la settimana prima? Portarlo come se fosse un reietto, è umiliazione, mortificazione, è calpestare la dignità di un uomo, al di là della sua colpevolezza penso sia entrato nel raggio d’azione di qualcuno”.
E alla domanda “Pensa ci sia accanimento”, Malagò non esita: “Sicuramente”. Infine, sulla scadenza della condanna, il 7 luglio 2024, sette giorni dopo la scadenza del limite massimo per staccare il pass per Parigi, dice: “È un altro elemento di riflessione, lo spostamento dei tempi non è dipeso dall’atleta, perché precludergli una possibilità che sarebbe tanto folle quanto meravigliosa? Ha 39 anni, è vero, ho letto che si allena 6 giorni su 7, Alex è sentimentalmente e patologicamente aggrappato a questo sport, lui ha detto che sente ancora un fuoco dentro a cui non riesce a dire di no, questa è davvero una storia in cui c’è di tutto, ossessione, truffa, resurrezione, dramma, una storia unica”.
GettyGiovanni Malagò