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Caso ginnastica: il parere di Camossi, coach di Jacobs

8 NOVEMBRE
ALTRI-SPORT/ATLETICA

L'allenatore del campione olimpico: "Vorrei non passasse il messaggio che fare sport sia un pericolo".

SPORT TODAY

Paolo Camossi, ex atleta e allenatore di Marcell Jacobs, ai microfoni di Open ha spiegato come si forma un campione: "L’agonismo viene dal termine greco agone che vuol dire lotta. E lottare per un obiettivo deve essere una libera scelta dell’atleta. Lo sport è di tutti, ma non è per tutti. C’è una parte che garantisce il benessere fisico, che contribuisce al buono stato di salute di ogni essere umano. E poi c’è l’agonismo puro. E l’approccio nell’agonismo pure è lo stesso di chi vuole laurearsi con 110 e lode. Di chi vuole eccellere nel suo lavoro. Se il presupposto della libera scelta si rispetta, se l’obiettivo della medaglia è lo stesso per l’atleta e per l’allenatore allora niente è considerabile sacrificio".

Camossi, nel corso dell'intervista, si è soffermato soprattutto sul "caso ginnastica": "Dico sempre che gli atleti sono degli animali egoisti mentre gli allenatori devono essere al contrario animali altruisti. Mettersi al servizio del talento che hanno davanti. Quando questo non succede è perché le ambizioni dei preparatori superano la passione dell’atleta. A quel punto il percorso non può dirsi più condiviso. L’atleta diventa un mezzo per la luce che l’allenatore sta cercando su se stesso. E questo succede anche nel mondo dell’atletica per esempio, dove spesso e volentieri l’allenatore incide più in negativo che positivo. Se domani dovessi arrivare agli allenamenti con l’idea di pesare Marcell tutti i giorni, quantomeno mi chiederebbe il perché non senza un duro confronto. Ma stiamo parlando di un atleta di 27 anni, che ha consapevolezze ben diverse da una giovane di 13".

"L’agonismo precoce è un ambito dello sport molto delicato - continua Camossi - che ha bisogno di figure che conoscono benissimo gli aspetti di quella precisa età e che quindi agiscono di conseguenza. Ma la ricerca del risultato da parte dell’allenatore talvolta può portare a spingere gli atleti su un campo che non li trova ancora pronti. Non dimentichiamoci anche che un po’ tutti gli atleti che arrivano a traguardi altissimi sviluppano quasi un’ossessione per il proprio sport, una condizione che soprattutto in giovane età bisogna saper gestire da parte di chi ha più esperienza. Su questo ci sono dei modelli nel mondo da cui poter imparare".

La più grande preoccupazione di Camossi è una: "La strumentalizzazione. Non ho motivo di pensare che quello che le giovani atlete abbiano raccontato non sia vero e non nego il profondo dispiacere avvertito nella lettura delle loro esperienze. Ma vorrei non passasse il messaggio che fare sport sia un pericolo. Non è un caso se in molti paesi anglofoni d’oltreoceano spesso e volentieri le persone che hanno fatto sport anche a buon livello vengono presa nelle migliori aziende perché hanno imparato a darsi da fare, a compiere delle scelte e soprattutto a crearsi obiettivi".

Paolo Camossi

Getty ImagesPaolo Camossi

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