TOKYO 2020

Le Olimpiadi che non s'avevano da fare

23 LUGLIO
TOKYO 2020

A Tokyo via alla 32ª edizione dei Giochi dell'era moderna, i più assurdi della storia: gare e cerimonie a porte chiuse e una nazione ospitante in rivolta contro l'evento. La speranza è che per 16 giorni si parli solo di medaglie...

GUIDO BAGATTA

Per una volta, scrivo questa rubrica parlando in prima persona sperando di non annoiarvi troppo: dopo 9 edizioni (estive) consecutive, le Olimpiadi che iniziano oggi a Tokyo, saranno le prime che non vedrò dal vivo. Non mancavo una cerimonia d’apertura da Los Angeles 1984 e devo dire che in queste ore la nostalgia di un “evento nell’evento”, com’è ogni volta l’inizio dei Giochi ,è aumentata a dismisura, nonostante tutto quello che leggiamo, sappiamo e scriviamo di queste Olimpiadi.

Pensando a questi quasi quarant’anni (nel 1984 ero il più giovane inviato di tutti i Giochi, non solo per l’Italia) mi continua a passare davanti agli occhi un fiume di ricordi che è impossibile davvero riassumere in poche righe.

Diciamo che le edizioni sicuramente più intense da ricordare (a parte, ovviamente, la prima) sono state, nell’ordine di bellezza , quelle di Sydney, Barcellona e Londra. Non male neppure Seoul e Pechino, difficili quelle di Atene e Rio, pessima quella di Atlanta, e non solo per la bomba all’Olympic Park.

Ovviamente scrivere da casa, anziché dal posto, è tutt’altra cosa, anche se, messa in un angolo per qualche attimo la nostalgia, forse è meglio così. Quelli che stanno per partire in queste ore sono infatti dei Giochi davvero “abnormi”, rifiutati dal paese che li organizza, senza pubblico sulle tribune (che alle Olimpiadi è un buon 50% dello spettacolo), con casi di positività che spuntano come funghi e politici del CIO che, gaffe dopo gaffe, sembrano non rendersi conto di come sia realmente il mondo giapponese che li circonda.

Ormai è evidente che questi sono Giochi tenuti insieme da un nastro adesivo che ha il colore e la forma dei soldi o meglio dei dollari, visto che se non ci fossero stati i due contratti miliardari blindati con l’americana NBC e con l’altrettanto americano gruppo Discovery, statene certi, adesso staremmo scrivendo e parlando già di Parigi 2024. 

Guardando le immagini che arrivano da Tokyo, non si può dire se le vere “vittime” di quanto sta succedendo a diecimila chilometri dall’Italia siano i cittadini giapponesi, che si sono visti calpestati nella loro volontà quasi bulgara (siamo arrivati ad un percentuale del 90% di contrari) di non volere questi Giochi, oppure gli atleti, tutti compresi, che da cinque lunghi anni si stanno preparando per competere in quelle che dovevano essere le gare o le partite più importanti della loro vita e che invece si sentono come dei nemici in casa d’altri, quasi fosse per loro un disonore scendere in campo, in pista o in piscina.

E purtroppo, con l’inizio delle gare, le cose sembrano peggiorare, invece di mettersi al meglio, sensazione a distanza confermata da qualche collega presente sul posto, ma anche e soprattutto da segnali come quello dato dalla squadra americana di ginnastica artistica che ha deciso improvvisamente di lasciare il Villaggio Olimpico per isolarsi in un hotel di lusso, dove gli atleti si sentirebbero più tranquilli.

Insomma, anche se oramai è inutile continuare a ripetere che avrebbero fatto tutti una più bella figura a cancellare questi Giochi, definiti addirittura “infetti” (traduzione letterale dall’inglese “tainted games"), rimane la sensazione che un'edizione simile sia un po’ come un punto di non ritorno, per moltissimi aspetti, oltre a quello del Covid.

Le gaffes di Thomas Bach (che ha chiamato, in pubblico, cinesi i volontari nipponici), le immagini dei giapponesi che, incrociando un occidentale per le strade di Tokyo, cambiano marciapiede per evitare un qualsiasi tipo di contatto, quelle dei passaggi obbligati che tutti gli accreditati debbono fare giornalmente per procedura, quasi fossero in un istituto di pena, per adesso la fanno da padrone.

E c’è da credere che quelle di una cerimonia inaugurale dimessa e senza il calore del pubblico non aiuteranno molto l’immagine, inevitabilmente “crepata”, dei Cinque Cerchi. L’unica speranza, speriamo non vana, è che poi, tutto di un tratto, con le gare e le medaglie, il clima cominci a cambiare.

Come detto la speranza è in un cambiamento dopo l'inizio delle gare, non sicuramente per i milioni di abitanti di Tokyo, che questa Olimpiade la stanno talmente odiando e che, per loro, è come se si disputasse davvero altrove, ma almeno per noi, distanti e lontani da un mondo sportivo che, gestito in questa maniera, non ci piace davvero per niente.

GUIDO BAGATTA
Tokyo 2020

Getty ImagesLe misure di sicurezza all\'ingresso dello stadio Olimpico di Tokyo

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