BASKET/NBA

Il volo di Memphis e l'unicità di Ja Morant

20 GENNAIO
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Il play dei Grizzlies è la rivelazione della stagione: le sue caratteristiche "ibride" lo rendono un autorevole candidato al titolo di MVP e consentono al giovanissimo roster degli 'Orsi' di non porsi limiti.

GUIDO BAGATTA

Credo sia venuto il momento di parlare di Ja Morant, il playmaker di Memphis che, senza ombra di dubbio, è il giocatore più sorprendente della stagione NBA.

Da queste parti, abbiamo già detto che, ad oggi, i Grizzlies sono la squadra che gioca meglio nella Lega, e questo nonostante sia la seconda formazione più giovane del campionato (alle spalle di  Oklahoma City). Il merito è principalmente di Morant, ma anche di un management che gli ha costruito attorno una squadra davvero unica per come è stata assemblata.

Pensate solo che gli unici due veterani del roster sono il neozelandese Steven Adams e l’ex Spurs Kyle Anderson, il giocatore più lento, ma anche più redditizio di tutta la NBA (non per niente ha come soprannome “Solo- Mo” che sta per slow motion, 'al rallentatore'). Non certamente due superstar, ma perfetti per completare un gruppo di teen-ager o poco più, con voglia e talento da spaccare il mondo. Adams può partire nei cinque o dalla panchina a seconda di come coach Taylor Jenkins voglia utilizzare Jarren Jackson Jr., l’altra stella del club (dopo Morant), mentre Anderson è davvero il “collante” in campo che ogni squadra dovrebbe e vorrebbe avere. 

Ma torniamo al buon Ja: le sue ultime settimane in campo lo hanno fatto conoscere molto più “profondamente” in America, ma non solo, tanto da catapultarlo nella riffa annuale per l’MVP stagionale. Con Durant fuori per almeno sei settimane, Curry reduce dal peggior mese della sua carriera (almeno come percentuali al tiro) e con Le Bron che prima deve pensare a raddrizzare i Lakers, Morant si trova adesso “isolato” in un improbabile (almeno sino a Natale) “testa a testa” per il premio, con….. Giannis Antetokounmpo, che comunque rimane ancora il vero front runner della situazione.

Ma che cosa ha di così speciale il play di Memphis, da essere diventato una specie di “mantra” nel mondo degli appassionati di basket? Innanzitutto è unico, nel senso che un giocatore simile non si era mai visto prima, tanto che è impossibile cercare di paragonarlo a qualcuno del passato.

È alto, ma non altissimo, è veloce, ma non velocissimo, tira bene, ma non benissimo. Fin qui il “normale”, ma se passiamo oltre possiamo dire che, sempre a suo modo, sia un penetratore micidiale che usa il piede perno come un pivot e non come un piccolo, sia in grado di difendere su 3 ruoli, ma soprattutto, sia capace di dettare il ritmo alla squadra non certo come un secondo anno, ma piuttosto come un veterano alla quinta o sesta annata da pro.

Ma forse la sua dote migliore è lo straordinario “atletismo” nascosto in un fisico snello, ma non certo muscoloso ed esplosivo a prima vista. L’altro giorno ho chattato con il campione olimpico di salto in alto, Gianmarco Tamberi, grande appassionato della “spicchia” e di tutti i suoi protagonisti, commentando con lui una sua stoppata con i gomiti che arrivavano all’altezza della parte alta del quadrato piccolo del tabellone. “Visto e rivisto…no sense” ha sentenziato Gimbo. Detto tutto.

Guido Bagatta

GUIDO BAGATTA
MorantJenkinsCropped

Getty ImagesJa Morant (left) and Taylor Jenkins

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