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L'atletica di ritorno

8 MARZO
CALCIO/NAZIONALE

Tra certezze e attese, Jacobs è la grande novità azzurra.

GUIDO BAGATTA

Finalmente arrivano buone notizie dal mondo dell’atletica leggera italiana , “schiacciato” oramai da troppo tempo dalla strapotenza del nuoto azzurro, con le tante medaglie che la piscina ci ha sempre consegnato, a differenza dell’atletica, da anni scomparsa dai podi che contano. Aspettando Larissa (Iapichino) e Filippo (Tortu) , la nostra nazionale ha ben figurato negli europei indoor di Torun, che non varranno certo come le prossime Olimpiadi di Tokyo , ma sono pur sempre una rassegna importante e, soprattutto “comparabile” per i numeri ottenuti nelle varie discipline con altre competizioni simili organizzate in altre latitudini.

Forse anche troppo abbagliati dalla fulgida ascesa di Tortu e del suo 9.99 sui 100, gli appassionati italiani non avevano quasi fatto caso a Marcell Jacobs , l’altro velocista di casa nostra, magari un po’ meno… “della porta accanto” per una parte delle sue origini, ma comunque “tricolore” a tutte gli effetti. Jacobs, nato in America da mamma italiana e che da sempre ha scelto la penisola come sua prima patria, civile e sportiva, ha stravinto una finale dei 60 metri ben assortita, mostrando enormi progressi (soprattutto nei dettagli) se lo si paragona a Marcell dell’anno scorso. D’accordo che la velocità, quando si parla di campionati europei, grida sempre vendetta per la mancanza degli americani e dei caraibici, ma, come dicevamo poco sopra, i tempi, anche se ottenuti in piste ed ambientazioni differenti, sono tutti confrontabili ed il suo 6.47 (che varrebbe un 9.90 sui 100) è, ad oggi, la miglior prestazione mondiale sui 60. Ed allora diciamo, con tutte le dovute proporzioni (e scaramanzie) che Jacobs vale già oggi una finale olimpica con il plus che, nel frattempo, può solo migliorare in altri dettagli, che lo porteranno ancora più avanti.

Al suo fianco, a Torun, ha brillato la stella di Gianmarco Tamberi, argento nell’alto, ma soprattutto ritornato quello che tutti ci ricordavamo e ci auguravamo di rivedere. In Polonia non è arrivato il titolo europeo, che era comunque alla sua portata, ma, sinceramente, va bene così. Adesso Gimbo avrà quattro mesi per prepararsi e pensare a Tokyo con una mente molto più libera di quella di un paio di settimane fa e questa, per l’Italia in pedana, è solo una grande notizia.

A Torum, è poi riemersa quasi dal nulla la meravigliosa storia di Paolo Dal Molin , raro caso di ostacolista nostrano (avere avuto uno, nella storia azzurra, uno come Eddy Ottoz, non aiuta davvero nessuno), che sembrava essersi perso nel nulla negli ultimi anni. Dal Molin aveva vinto l’argento a Goteborg nel 2013, quando, a 25 anni, era pronto per esplodere, un po’ come la forza che esce dalle sue gambe ad ogni passaggio dei legnetti. Ed invece, praticamente da quel giorno, nessuno aveva più sentito parlare di lui, o quasi. Mille infortuni e problemi di ogni genere lo avevano portato anche quasi a pensare di ritirarsi, ed invece, tutto di un tratto, rieccolo con un bronzo al collo sul podio di un europeo.

Con tre medaglie ma soprattutto con dodici finalisti (cosa che non accadeva da un po’) dalla Polonia ci arrivano quindi dei segnali decisamente positivi per una disciplina come l’Atletica che in previsione olimpica potrebbe essere, per gli azzurri, meno anonima delle ultime uscite. A Tokyo, per andare a podio bisognerà essere bravi, ma soprattutto fortunati, visto che le nostre speranze sono tutte aggrappate alle specialità tecniche (sempre nell’alto, anche con la Trost, un po’ anonima a Torun), ma la cosa importante sarà poter dimostrare che in Giappone, l’Italia dell’atletica possa dire di esserci stata e non solo andata. Aspettando il ritorno di Tortu e la definitiva maturazione della Iapichino, stiamo intanto alla finestra, con un cortile un po’ più largo e lungo del solito, da osservare.

GUIDO BAGATTA
Marcell Jacobs

Getty ImagesMarcell Jacobs

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