CALCIO/SERIE A

Lazio eroica e da favola: cinquant'anni fa il primo storico Scudetto

11 MAGGIO
CALCIO/SERIE A

Una giornata infinita, la lunga attesa, la partita bloccata e il rigore di Chinaglia: la Banda Maestrelli scrive la storia e diventa Campione d'Italia

SPORT TODAY

Il 12 maggio del 1974 è la data che ha segnato la storia della Lazio. Per la prima volta tra i grandi, verrebbe da dire, raccontandola in modo riduttivo. Sì, perché quel giorno non è stata solo la 'prima volta' di un club, che già l'anno prima aveva sfiorato l'impresa da neopromossa. Cinquant'anni fa, in un Olimpico stracolmo di tifosi (78.886 spettatori paganti, record dell'impianto capitolino), era impossibile delimitare il confine tra il cielo e il bianco azzurro delle bandiere che riempivano gli spalti e creavano una cornice mai vista prima. Andava in scena un appuntamento con la leggenda, veniva lanciato in un'Italia distratta dal referendum per il divorzio, un messaggio di speranza: vince chi lotta e più ci crede, non chi è più forte.

 Una spasimante attesa

Inizia alle 6.00 del mattino quella strepitosa domenica. I laziali si radunano fuori dai cancelli dell'Olimpico, frenetici, pronti a fare il loro ingresso. Il Comune - in accordo con la società - decide di aprirli alle 8.45 per favorire l'afflusso. Più di 7 ore prima del fischio d'inizio. Per tutta la mattinata, i tifosi sono immobili seduti al loro posto. C'è chi si accende una sigaretta, chi sventola la propria bandiera per scaricare la tensione e chi guarda fisso il campo, rivivendo le immagini di una stagione che ha dell'incredibile. Scorrono momenti iconici. Dalla rimonta di Lazio-Verona, quando Maestrelli impedì ai suoi giocatori di tornare negli spogliatoi a fine primo tempo, lasciandoli sul terreno di gioco schierati ad attendere il ritorno degli scaligeri. Al gol di Re Cecconi contro il Milan, vero punto esclamativo sulla rincorsa al Tricolore. Sono tanti i ricordi che si schiantano contro il presente, frantumandosi in mille pezzi. È il futuro a scrivere la storia. Rinchiudersi in ciò che è stato per sfuggire da ciò che aspetta è una soluzione solo momentanea.

Le 16.00 arrivano lentamente. La trepidante attesa di quei novanta minuti diventa sofferenza vera, spasimante voglia di avere un responso: "Saremo o no campioni?". La domanda che tutti si pongono, ma senza osare rivolgerla ad altri. La risposta non è lontana. Lenzini, presidente biancoceleste, inizia il suo classico giro di campo per ringraziare i presenti. Anche il suo volto però è diverso, vive sentimenti contrastanti: tra la voglia di gioire e il timore di fallire. Le bandiere sventolano al vento, i colori del cielo si allineano con quelli dell'Olimpico, i cori squarciano quel surreale silenzio che nelle ore prima 'rumoreggiava' sugli spalti. Finalmente arriva quel momento, dal tunnel sotto la Curva Sud, Lazio e Foggia fanno il loro ingresso in campo.

 Una partita bloccata

La tensione è palpabile anche nei giocatori, la gara è bloccata. Nessuna delle due formazioni riesce ad avere la meglio sull'altra. L'infortunio di Petrelli - una frattura alla clavicola - è l'unica nota di un primo tempo che si conclude senza grandi sussulti. Maestrelli nello spogliatoio carica i suoi ragazzi, sono come figli, sa quali tasti toccare per tirare fuori quello che hanno dentro. E nei secondi quarantacinque minuti i risultati si vedono. La Lazio entra carica, vuole far sua la partita, deve solo attendere con pazienza quell'occasione che si presenta puntuale al 58'. Garlaschelli scende sulla sinistra, crossa al centro e Scorsa, nel tentativo di deviare, stoppa la palla con la mano. L'arbitro Panzino indica il dischetto: è rigore! Sugli spalti succede di tutto, chi esulta, chi trema. Poi il silenzio.

 Giorgio non sbaglia, la Lazio è campione!

A prendere il pallone è l'uomo simbolo di quella squadra. Giorgio Chinaglia lo poggia sul dischetto, inizia la sua rincorsa e calcia. Il rumore del piede che impatta sulla sfera rimbomba in tutto lo stadio, la rete si gonfia: la Banda Maestrelli è in vantaggio. L'Olimpico esplode in un grido liberatorio, il sogno è ormai a un passo. Fino al 90' l'unico pensiero è solo quello di proteggere il vantaggio e alle 17.45, puntuale come un orologio svizzero, arriva la tanto attesa fine. La Lazio è Campione d'Italia! Le telecamere vanno su Maestrelli che incredulo guarda fisso il campo, alle sue spalle il tabellone che celebra la vittoria. L'impossibile è diventato realtà e ha regalato al calcio italiano una favola tanto bella, quanto maledetta, che cinquant'anni dopo vive ancora nei racconti e nella storia.

Pino Wilson, Giancarlo Oddi, Lazio 1974

Getty ImagesL\'abbraccio tra Wilson e Oddi, eroi del 1974, prima dell\'evento Di Padre In Figlio all\'Olimpico

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