ALTRI SPORT/VELA

Luna Rossa spenta

17 MARZO
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Niente impresa, il team italiano si arrende ai Kiwi.

GUIDO BAGATTA

Non potranno mai dire che non ci abbia provato, questo mai. Ma alla fine la Coppa America è rimasta ad Auckland e Luna Rossa se ne torna a casa da sconfitta anche se con tanto orgoglio da gonfiare un fiocco (di quelli di una volta…). Purtroppo, però, nello sport, anche se le parole valgono, il risultato finale è quello che conta e basta, quindi, che so, fra trent’anni, chi andrà a leggere l’albo d’oro della Coppa America, troverà solo la vittoria di New Zealand davanti all’anno 2021, punto.

Come era già successo in passato, tutto quello che hanno fatto Patrizio Bertelli ed il suo team finirà nel baule dei ricordi, con l’etichetta per l’archiviazione che dice a chiare lettere: “Nice Try”.

Tutti sapevamo che l’impresa era ardua in partenza, ed anche se in molti hanno sognato ad occhi aperti (vista anche l’ora italiana delle regate) le possibilità che potesse finire in questo modo erano alte. Quasi tutti siamo stati ingannati dal risultato dei primi due round, con la regata d’apertura e poi la terza in ordine di tempo, dominate da Prada e con i neozelandesi che, per due volte a rincorrerci, sembravano davvero molto più difficoltà del previsto.

Adesso, con la delusione nel cuore ma anche con la certezza che l’avversario fosse, anche se non di molto, più forte della barca italiana, stiamo metabolizzando il fatto che quell’inizio così scintillante di Prada, era decisamente figlio di un po’ di ruggine dei nostri avversari. Quello che è poi successo nella quarta e nella quinta giornata di regate ci ha fatto capire come, avere il vantaggio di giocare in casa da detentore di un trofeo, soprattutto in una disciplina dove contano tantissimo i fattori ambientali, alla fine conta moltissimo.

Un campo di regata è molto meno prevedibile di uno da calcio, dove una squadra deve scendere per una partita in trasferta non conoscendo le zolle d’erba e le tribune dietro le porte. D’accordo, direte voi, ma il vento ed il mare sono uguali per tutti, ed i nostri si sono allenati ed hanno gareggiato su quello specchio d’acqua per oltre quattro mesi, tempo che sarebbe (in teoria) dovuto bastare per giocarcela alla pari con i Kiwi. Ed invece, abbiamo poi visto nella nona regata, quella del 6 a 3, come chi, dalle parti dove si gareggiava ci è cresciuto e vissuto ha finito con il fare la differenza. Due dell’equipaggio di New Zealand (Peter Burling e Blair Tuke) vivono dall’altra parte della baia di Auckland e si allenano giornalmente da più di otto anni con il loro 49er (classe di cui sono campioni olimpici in carica) nelle stesse acque dove è appena terminata la Coppa. Okay, il 49er sarà una “barchetta”, senza tecnologia a bordo, completamente differente e molto più rudimentale dei “ragni” della Coppa, ma ha le vele e sente il vento, come chi la porta al traguardo. Questo, con tanti altri piccoli dettagli, magari poco visibili ad occhio nudo, ha finito col fare la differenza finale.

Sicuramente rimane ora molto amaro in bocca per quello che si poteva fare di più e per le belle innovazioni che Luna Rossa ha portato in acqua (vedi il doppio timoniere) che, almeno inizialmente, hanno messo un po’ in crisi i padroni di casa, anche se poi, nello stesso tempo, il risultato finale, visto da fuori, asetticamente, non lascia nessun dubbio su chi, alla fine, è stato realmente il migliore.

Ora, a bocce (o meglio vele) ferme Bertelli, Pirelli e gli altri sponsor della nostra barca dovranno valutare bene se tutto quello che è stato fatto e la montagna di soldi spesi per questa avventura, siano un qualcosa d ripetere, fra tre anni, per l’ennesima volta, o se sia il caso di fermarsi qui, con, nelle vene, molta tristezza ma anche la coscienza di aver fatto bene.

La Coppa America, con questa formula, ma soprattutto con queste barche, è un giocattolo spettacolare ma estremamente costoso, tant’è che nazioni dal prestigio velistico molto alto, come Australia e Francia, e altri consorzi americani che avrebbero voluto provarci, alla fine, il loro progetto, l’hanno rimesso ben presto nel cassetto. Tre barche tra gli sfidanti sono poche e questo lo sanno tutti, detentori compresi, che adesso, passate le sbronze infinite per la Coppa trattenuta sull’isola, dovranno anche loro pensare a come movimentare più “globalmente” la prossima edizione: altrimenti, se per caso Bertelli si fosse stufato (e ci starebbe…), sarebbero davvero dolori per tutti.

GUIDO BAGATTA
New Zealand

Getty ImagesNew Zealand

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